“Mi chiedevo come mai, sempre più spesso, sentivo le donne
lamentarsi per soprusi e ingiustizie subite sul lavoro durante o dopo la maternità. Ho deciso di iniziare una ricerca e ho pubblicato annunci sui giornali per chiedere alle madri di scrivermi e di raccontarmi le loro storie.
La quantità di testimonianze ricevute mi ha fatto capire
quanto il problema fosse esteso a un gran numero di donne,
senza distinzione di provenienza o classe sociale.
Donne che vengono punite per aver avuto un figlio, donne a
cui vengono tolte le mansioni di responsabilità, donne che
vengono licenziate o, quando la legge non lo permette, vengono messe in condizioni tali da essere costrette a lasciare il proprio lavoro. Intanto l’Italia è in allarme. Da anni è il paese con la più bassa
natalità al mondo. Il numero medio di figli per donna è fermo a uno virgola due. Poco più di un figlio a testa. Chi ha sfidato il sistema una volta, quasi mai ripete l’esperienza.”
Tempo fa lessi queste parole di Silvia Ferreri e scoprii che da quella ricerca erano nati un libro e un documentario: Uno virgola due. Il lavoro mi piacque molto e chi è stato presente a qualche presentazione del mio libro ne avrà già sentito parlare perché lo cito sempre per l’attenzione che ha avuto l’autrice su maternità e mondo del lavoro. Parallelamente alle interviste a donne che narrano la situazione da loro vissuta, scorrono flash della storia delle donne della famiglia di Silvia. Dal 1900 in avanti. E mentre procedono gli anni il numero di figli partoriti da ogni donna, diminuisce. Perché l’Italia è un paese nel quale una donna che sceglie di non diventare madre subisce una pressione sociale forte e domande inopportune, ed è anche il paese nel quale una donna che sceglie invece di diventarlo riceve pochissimo sostegno. Silvia Ferreri, attrice, regista, autrice del libro e del documentario ha da poco aperto questo blog, dove troverete ulteriori riferimenti in merito a Uno virgola due, e il progetto di una nuova ricerca. Il problema lavoro non è affatto risolto. Tutt’altro. La ricerca di Silvia continua. So che alcune lettrici di questo blog hanno vissuto e vivono sulla loro pelle questa dura realtà. Vogliamo aiutarla in questa ricerca?
martedì 5 gennaio 2010
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Grazie per questa segnalazione!
RispondiEliminaAnche io mi sono trovata nella condizione di perdere il lavoro quando sono rimasta incinta. Andrò subito a visitare i link che hai postato.
Vado subito a vedere i link.
RispondiEliminaIntanto, Buon Anno Marilde.
Silvia
vedo che la ricerca riguarda le donne che si sono rassegnate e hanno smesso di cercare lavoro. Molto triste. A me piacerebbe contribuire (anche) alla documentazione dei tanti casi in cui invece il lavoro se lo sono reinventato, o se lo sono tenuto stretto con le unghie e con i denti. Non mi piace pensare che facciamo pochi figli perchè la maggiorparte di noi sono rassegnate e sconfitte: oltre a cambiare il mondo del lavoro in Italia dobbiamo cambiare anche noi stesse. Comunque, l'argomento mi fa pensare alla mia collega Mammaincorriera, la cui storia è raccontata qui, in risposta al tema "quando ti sei sentita arenata"
RispondiEliminahttp://www.veremamme.it/veremamme-blogcafe/2009/3/16/come-fu-che-la-carriera-divenne-una-corriera.html
Attenzione, lei è una tutt'altro che rassegnata :)
Quoto VereMamme, ma non ho ancora visto il link e corro subito a leggere!!
RispondiEliminaE' molto triste, sono d'accordo con te Flavia, che nel 2010 sia ancora necessaria una ricerca di questo tipo. E certo la non rassegnazione può fare la differenza. Temo che quest'area del lavoro sia una di quelle con sentimenti così nascosti che è bene far venire alla luce
RispondiEliminasempre più. Così poi si è più tenaci nel tentare di cambiare le cose.Ho ri-letto il post che hai linkato e pensavo che se donne attive come Mammaincorriera hanno dovuto affrontare prove simili, pensa a quelle donne che sono ancora poco abituate a far valere i loro diritti!
Infatti è una delle aree sulle quali bisogna continuare a lavorare sodo.
E continuiamo infatti, eccoci qui con i primi post e commenti del 2010. Buon anno a tutte!
Buon Anno e ben tornata Marilde!
RispondiEliminaHo letto il tuo post, darò spazio alle tue segnalazioni nel blog di spazio neomamma e appena riesco leggerò il libro che segnali.
Proprio il 24 dicembre ho inserito una nuova area tematica: "Mamme e Lavoro".
Ti invito a leggere appena puoi il post:
http://spazioneomamma.blogspot.com/2009/12/mamme-e-lavoro-nuova-area-tematica-per.html
Ci sono già alcuni commenti di mamme.
Quello che posso dire è che la donna lavoratrice che diventa madre ha forse qualcosa in più da dare al suo lavoro rispetto a prima: ad esempio, la nuova grande responsabilità nata nella sua vita è uno stimolo in più per svolgere al meglio le proprie mansioni.
Certo è che i primi anni del bambino richiedono flessibilità per venire incontro alle nuove esigenze familiari.
E da lì i problemi.
Il ruolo delle mamme dovrebbe essere protetto; il benessere della mamma si riflette su quella del bambino, della coppia coniugale, della famiglia; di tutte le famiglie, della collettività. Diventare madri non è un evento individuale, ma esso riguarda la nostra società, e quella che sarà.
Oggi, una mamma mi ha detto una cosa un po' forte: "Oggi le famiglie sono messe nella condizione di avere due entrate: entrambi i genitori a lavorare fuori casa e i figli crescono senza abbastanza cura materna e familiare, soprattutto nei primi importantissimi anni, sballottati, verso il caos, con la TV che trasmette certi programmi... Forse non ci sono interventi a favore della famiglia perchè si vuole che i figli (il domani) sia debole e manipolabile?". Aiuto!
è veramente un tema vasto e i commenti lo dimostrano.
RispondiEliminala mia umile opinione, derivante dalla mia personale situazione di recente analisi, è che ci vorrebbe un equilibrio. che è la cosa più difficile da ottenere. ci vorrebbe la libertà di scelta, che non è un valore contemplato, oggi. e allora succede che ognuno nel proprio piccolo si faccia due conti e scelga "il male minore" che sempre male è. chi come me, al momento, decide di non cercare e chi decide do tornare "facendo finta di niente" perché se no è considerata quella che nel lavoro non investe abbastanza perché ormai è mamma, con i danni del caso sull'equilibrio famigliare e il benessere dei bambini.
è una situazione veramente triste.
ma io più che parlarne (perché in qualche maniera penso che davvero ci sia quest'interesse a crescere nuove generazioni "deboli e manipolabili") e nel mio piccolo scegliere il mio male minore, non so che strada prendere.
rassegnazione?
mi fa paura questa parola, ma a volte penso che sia così.
L'assurdità è che io questa situazione non l'ho vissuta tanto nel privato con la prima figlia (sì, c'è stato un dirottamento di un lavoro importante, ma la causa non è stata solo la mia maternità, diciamo che è stata un buon pretesto) quanto nel pubblico con il secondo: il mio capo non mi parlava più, non mi considerava neanche, come se fossi trasparente. Credeva forse che mi stessi approfittando dei congedi per malattia o forse semplicemente gli stavo antipatica.
RispondiEliminaAndrò a vedere il progetto che segnali, grazie!
Ciao, appena possibile vado a postare quello che ho da dire io. Faccio parte del gruppo che si è tenuto stretto con le unghie il lavoro (un colpo al cerchio e uno alla botte). La mia bambina è cresciuta in fretta perchè ho avuto bisogno della sua collaborazione (per farmi dire cosa prova, di cosa ha bisogno, cosa succede in mia assenza, come stanno veramente le cose). Posso vantarmi di una bambina eccezionale (e non sono solo io a dirlo!)
RispondiEliminaIl mio matrimonio è fallito altrettanto in fretta (mio marito ha deciso di "farmela pagare", esattamente come il mio datore di lavoro). Peccato che non si possa cambiare marito come si cambia datore di lavoro. Spesso mi viene in mente una canzone: "la cambio io la vita che non ce la fa a cambiare me". Io non cambierò: preparati a cambiare, mondo immondo.
Arrivo con un giorno di ritardo ... ma l'argomento credo proprio non abbia scadenza!
RispondiEliminaVerissimo ... le donne nel mondo del lavoro purtroppo vengono classificate in due classi:celibe e sposata. E si considera sempre il fatto che dalla prima classe si passa quasi subito (per un'azienda 2/3 anni sono tempi brevi da investire per incentivare a PRODURRE SUBITO con tante promesse!) nella seconda. Quando sanno che ti sposi magicamente cominciano le domande indirette di colleghi (inviati a sondare!) e non sul "ma ora a quando il primo pargolo!??!" con tanti auguri del caso. Ed ecco che ti trasformi in una possibile mamma. Quando poi tutto ciò avviene ... vengono applicate altre "regole". Ed il "venirti incontro" (non chiamatela flessibilità!!!) ti viene rinfacciato quando chiedi spiegazioni.
Secondo me, la rassegnazione non deve farla da padrona ma l'accettazione è una carta da giocare a proprio favore per trovare altre proprie strade...altrimenti si finisce per soccombere!
Baci Marilde e Buon Anno :).
L'aiuto subito!
RispondiEliminaCorro subito sul suo blog, grazie per la segnalazione!
A presto!
Anche io sono stata costretta con pressioni di vario tipo a lasciare il lavoro dopo il primo (di due)figlio. Volevo un part time al 50%, perchè ritengo essenziale e irrinunciabile seguire la crescita dei miei figli, ma mi illudevo di potere anche perseguire la mia crescita lavorativa dividendo il tempo in parti uguali. Mi hanno guardata come una matta, una che non ha voglia o bisogno di lavorare, mi hanno detto cattiverie, fatto pressioni, promesse subito disattese... alla fine ho scelto la mia famiglia. Economicamente non è facile, ma sono felice. Fare la mamma è un lavoro bellissimo e impegnativo, è un lavoro full time (o al massimo part time). Il fatto è che non è considerato un lavoro, non ha la dignità di un lavoro e chi lo sceglie spesso si sente scarsamente considerata. Quante volte sento la frase: "ah, non lavori, quindi non fai niente". Una volta allevare figli e gestire una casa erano lavori rispettati e riconosciuti. Le donne oggi per sentirsi emancipate si trasformano in uomini e perdono l'unicità meravigliosa che è essere mamma.
RispondiEliminaconosco il documentari, realizzato anche con la collaborazione di un ragazzo che ha anche lavorato con noi...e gli presentai a suo tempo una ragazza da intervistare...è una realtà durissima la nostra di mamme lavoratrici che vogliono mantenere la loro dignità
RispondiEliminavado subito a veder il link! grazie per la segnalazione!
RispondiEliminaanche io, nel mio piccolo, ho avuto una brutta esperienza ... tornata dalla maternita' sono stata letteralmente messa in un angolo e costretta a non fare NIENTE per mesi, finche' non sono riuscita a trovare un altro posto ...
e' vero, quando una donna diventa madre forse sposta le proprie priorita' su un altro fonte, ha un altro tipo di preoccupazioni, magari dorme meno perche' deve allattare o perche' il suo bimbo si sveglia ... ma non e' forse piu' felice e realizzata una donna che diventa madre??? io, per esempio, avevo veramente piu' voglia di fare, in generale e anche sul lavoro ... perche' ero felice. ma non me ne hanno dato la possibilita'.
comunque, vado subito a vedere il link.
grazie ancora e auguri!
paola
Molto itneressante questa ricerca.. io non sono madre ma ho avuto delle esperienze di lavoro che mi hanno segnata... ho consciuto il mobbing e ho conosciuto... un capo "farabutto"...
RispondiEliminaChe bel lido rassicurante, il tuo blog. Ho appena fatto un giro qua e là, e solo qui avverto un senso di familiarità. Non conoscevo quest'autrice, ma sono sempre a caccia di dati e nuovi contributi sul tema controverso maternità/società (italiana). Grazie..
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