lunedì 21 dicembre 2009

Otto minuti di bellezza

Sarò in pausa dal blog fino al 10 gennaio, ma prima di salutarvi voglio augurarvi un periodo pieno delle cose che vi piacciono di più, con la speranza che riusciate a defilarvi elegantemente da quelle che amate di meno. Non sempre è possibile -si sa - ma provarci e allenarsi per riuscirci è buona cosa.
Virginia Woolf aveva scritto: “Una donna, a 46 anni, non ha più tempo da perdere”. Penso valga anche prima e non solo per le donne. E allora l’importanza di sfrondare, di non entrare in quel circuito nel quale ci troviamo in luoghi e partecipiamo a impegni solo per uscire di casa, per non stare soli a pensare, per riempire dei vuoti, o perché non siamo capaci a dire di no.
Figuriamoci dunque se non vale per me, che gli anni li compio a luglio ma per qualche strano meccanismo appena approdo nell’anno nuovo li compio dentro di me. E nel 2010 saranno cinquanta! Mi appresto dunque a questo compleanno impegnativo, nutrendomi di buone letture, cinema, e di impegni selezionati. Vi lascio otto minuti di bellezza: c’è anima, forza, creatività, arte, vita, emozione. Non è usuale per me rivedere un video più e più volte, eppure con questo mi accade, e ogni volta lo stupore è il medesimo. Spero piaccia anche a voi. Buon Natale e buon anno.

sabato 19 dicembre 2009

Una sintesi perfetta

Ho appena letto questo post di Flavia, e lo segnalo qui perché condivido ogni parola, virgole comprese. E sento fondamentale l'accento che viene messo sulla libertà di scelta della donna. A volte sono sgomenta di quanto sia ancora necessario dirlo. Eppure...
Intanto, ripetiamolo pure fino alla nausea. La donna deve avere libertà di scelta.

mercoledì 16 dicembre 2009

segnalazione - sportello di ascolto

Troverete sul sito di Unamamma le informazioni in merito a questo sportello di ascolto appena attivato.

domenica 13 dicembre 2009

Un'ora sola ti vorrei

Quando avevo visto il documentario Un’ora sola ti vorrei, il mio libro era già in stampa, e mi era spiaciuto non averne scritto. Rimedio qui, e troverete qui il post scritto da Silvietta sullo stesso tema. La regista Alina Marazzi racconta la storia di sua madre: Liseli Hoepli, suicida a trentatré anni. Lo fa attraverso le fotografie, i diari, le lettere e i filmini di famiglia che se ne stavano chiusi, nascosti in un armadio come le cose da dimenticare, di cui avere vergogna. Liseli Hoepli era nata in una famiglia dell’alta borghesia, si era sposata e aveva avuto due figli. Poi, la depressione. Chissà quanti si stupivano del suo malessere! Lei che viveva in un mondo dorato fatto di vacanze lussuose, parchi privati nei quali spingere una carrozzina, case che erano palazzi e abiti eleganti. Come se il denaro potesse allontanare il dolore. In quel caso il denaro ha allontanato lei in una clinica Svizzera, ma non ha risolto il suo senso di inadeguatezza, il suo sentirsi allo stretto in quella vita non sua.
Le inquietudini che la tormentavano avevano fatto la loro comparsa in modo massiccio nell’adolescenza, ma invece di allentarsi nell’età più adulta, si erano amplificate nella maternità. C’è un’immagine nella quale lei percorre con la carrozzina, in solitudine, le strade di una Milano in pieno Sessantotto e credo che sarebbe stata molto meglio in compagnia di un bel gruppo di donne che cominciavano in quegli anni a organizzarsi un po’. Sarebbe stata meno sola.
Alina Marazzi, quando ha realizzato il documentario, nel 2002, aveva trentasette anni: quell’età nella quale diventa urgente fare i conti con la propria storia, e lei lo ha fatto in modo struggente, rimettendo insieme i pezzi sparsi della storia di sua madre. Ridandole vita.


Della stessa autrice, vale la pena di leggere il libro e vedere il documentario Vogliamo anche le rose. Lo sguardo che Alina ha sulle donne è uno di quelli che è bello condividere.

domenica 6 dicembre 2009

L'arte della gioia - la nascita

Goliarda Sapienza, autrice del libro L’arte della gioia, descrive il parto di Modesta, la protagonista. Sono poche righe su cinquecento pagine, ma rendono già l’idea del perché sia un libro che a lungo non ha trovato editore. Alcuni riferimenti sono chiaramente legati all’epoca, quasi un secolo fa, in Sicilia, ma altri raccontano qualcosa del parto che nulla ha a che fare con le conoscenze mediche acquisite, bensì con l’aspetto più potente e arcaico del nascere.

Nemmeno dei libri avevo bisogno, e del pianoforte. Ero un po’ spaventata a quella scoperta. Sarò così per sempre? Ma presto capii. Così come ora mi gonfiavo, dopo mi sarei sgonfiata, e sicuramente sarei tornata a essere come prima, se non morivo. Già, ecco che cos’era quel riposo che sotto forma di astrazione felice il corpo mi imponeva insieme ai lunghi sonni. La natura mi preparava alla fatica che avrei dovuto affrontare; ma nello stesso tempo intuivo che il riposo, ripetuto troppe volte come in quelle donne che non facevano altro che partorire, alla lunga generava uno stato di assenza ebete che le alienava dalla vita. Certo, quel prepararsi del corpo e della mente all’impresa più segreta e rischiosa che l’essere umano possa affrontare come poteva non far apparire, a lungo andare, tutto il resto inutile e senza interesse?
Quando il momento si annunciò con un colpo rovente che dallo stomaco spingeva verso il basso, lacerando i fianchi, i reni, l’intestino, capì che doveva svegliarsi da quell’imbambolimento e lottare. Non era soltanto una fatica, come aveva pensato. Era una lotta a morte che si scatenava dentro come se il corpo, prima integro, si fosse diviso in due, e una parte lottasse per mangiarsi l’ altra.
Grida! Grida che t’aiuta!
La posizione è giusta. Bene si presenta. Grida e spingi! Così ce la fai!
Chi ce la fa? Quell’onda di dolore trascinante? Doveva seguire quell’onda? Il suo corpo lottava con l’altro corpo che, come un masso di ferro, batteva al muro della pancia per uscire.


(alcuni paragrafi dopo, riferendosi al bambino)

Perché gridava così? Piangeva per la sua vita conquistata, o perché, nel segreto di quell’atto carnale, quell’essere sapeva di aver quasi ucciso la sua vita? Solo il mio corpo e il suo sapevano il significato segreto di quella lotta mortale e senza ostilità: ognuno per la propria vita.

domenica 29 novembre 2009

Genova, ieri

Una temperatura mite da rendere incredula la mia pelle appena scesa da un treno (puntuale!) che si è fermato alla stazione Principe, a pochi minuti a piedi da Booksinthecasba. Con un gruppo di amiche e colleghe, dopo una sosta per l’irrinunciabile caffè, sono approdata in questa deliziosa libreria del centro storico. Salendo questa scala siamo arrivate in un soppalco che si è trasformato in una culla dove abbiamo piacevolmente parlato di madri, padri, bambini, creatività, arte terapia, dolore, solitudine. Una culla perché eravamo seduti tutti insieme, senza tavoli, scrivanie, microfoni. Uomini – pochi, ma molti più del solito - donne e bambini che un po’ ascoltavano e un po’ sfogliavano libri. Bambini che hanno smesso di leggere quando, di fronte alla domanda: “sono aumentate le depressioni post-partum negli ultimi anni?” ho incautamente risposto: ”in passato esistevano, eccome, ma erano più nascoste nella rete familiare, oggi non solo sono aumentate a causa delle pressioni sulla donna negli anni centrali della vita (lavoro, famiglia, tempo per sé), ma i casi di donne che uccidono i propri figli hanno reso più evidente il disagio che può accompagnare la maternità”. Pare che qualche bambino mi abbia guardata con gli occhi sbarrati e io spero davvero di non averli spaventati troppo.
Un grazie enorme ai titolari della libreria che con competenza e passione svolgono il mestiere di libraio: luoghi simili sono boccate di ossigeno per chi ama i libri, le parole, la vita vera. Grazie a Maddalena di farmacia Serra, e ai suoi bellissimi figli: è un regalo grande incontrare di persona chi si è conosciuto in rete; grazie a tutte le persone che hanno detto parole così belle in merito al libro: non mi abituerò mai alla commozione che mi provocano. E grazie alla trattoria i 2 truogoli dove insieme a un bel gruppo di donne ho cenato in modo eccellente con un modico prezzo. Infine, grazie Francesca, il tuo impegno ha fatto sì che una delle più belle giornate legate al libro sia stata Genova, ieri.

martedì 24 novembre 2009

Errata corrige

La presentazione del libro, a Genova - sabato 28 novembre - non è alle ore 17, ma alle 17,30.

lunedì 23 novembre 2009

Amiche e Booksinthecasba

“E poi, molti hanno volutamente o inconsapevolmente perso qualche tappa dei miei (numerosi) cambi di personalità. E continuano a volere (o a credere di) parlare con una My che non c'è più. E tu sei lì in mezzo, ognuno ti tira verso la sua immagine di te”.
Ho letto questa frase nel blog di My e pensavo a quanto di frequente questo accade. Tanto quanto forse è corposo il numero di persone che considerano la vita qualcosa di fisso è immutabile al punto tale che se ci si reincontra dopo un po’ di anni - a volte anche pochi - hanno la pretesa di pensare che in quel tempo nulla abbia inciso, nulla abbia trasformato. E ti proiettano l’immagine di te che avevano allora (che tra l’altro è poi da stabilire se corrispondeva alla realtà, e alla complessità) e magari aggiungono “non ti riconosco più”. E capisci che non si riferiscono all’aspetto fisico, ma a qualcosa di interiore, che in quanto a cambiamento inquieta ancor di più troppe persone. Tant’è. Quando si tratta di trasformazioni si entra nel tema del tempo e della morte, ed è evidente che l’argomento non è dei più gettonati, ma provoca anzi fughe e difese, e se necessario anche stupori. Comunque. Questa premessa per dire che per fortuna esistono gli amici. Quelli con la A maiuscola intendo, quelli che averne uno o due nella vita è una fortuna immensa, quelli a cui non devi dimostrare niente, né loro a te; spiegare niente, né loro a te; quelli che sopportano il tuo dolore e la tua felicità, e tu la loro. Che la felicità è molto più dura da tollerare. Quelli che perdi di vista perché ci si trasferisce in luoghi diversi e ti reincontri anni dopo e riprendi esattamente da dove avevi interrotto. Quelli che, come Carmen e Luisa, prenderanno con me un treno verso Genova, sabato 28 novembre, e mi faranno compagnia alla libreria Booksinthecasba, dove alle 17, ci sarà la presentazione del libro, organizzata dall’Associazione Indaco arte e danza movimento terapia. Ci saranno colleghe arteterapeute e dunque si parlerà non solo di maternità, ma anche di arte terapia e di processo creativo: nelle immagini e nella scrittura. Mi piacerebbe molto che ci fosse anche solo una delle persone che legge questo blog, ma so bene come sono i tempi di ognuno di noi. Nel caso, fatevi riconoscere!

venerdì 20 novembre 2009

Poesie di Fabio

Troppo

Le siepi erano onde verdi
nel buio.
Gelido vento.
Entrammo a quella festa
ed era un cimitero
seduto.
Bevvi e urlai per un paio d’ore
buone:
“Bella festa! Complimenti!”
E così via.
Sfondai un divano
e ruttai alla Luna.
Poi tutto fu troppo
da sopportare.
Per loro.
Per me.
E presi la via di casa.



Voce del verbo Andare

Guardo le tue foto
in bianco e nero,
con sorrisi tirati
che annunciano
ore dure
e/o
giorni di gloria.
Sei troppo saggia
per essere felice,
o forse
lo siamo poco
entrambi.

Il tuo gatto
m’accarezza
e mi odia
e così,
almeno lui,
dimostra
tanta saggezza.

Il mio cuore
è uno zolfanello
dimenticato,
e io ho già deciso
che proprio non posso restare.


Cammino

Sotto i cieli della Castilla
vago verso
il vuoto.
E’ l’azzurro che m’attende,
è il volo del passero
contro
vento.

Il nero sguardo di Sofìa.

Ah, questo
bastone danzante,
oh, la pace
del sensi;
sì oggi è così,
lasciate cantare il mio cuore.



domenica 15 novembre 2009

Azar Nafisi a scrittorincittà

Uno dei libri che ho amato di più degli ultimi anni è Leggere Lolita a Teheran. L’autrice, Azar Nafisi, docente di letteratura inglese all’università di Teheran durante i primi mesi della rivoluzione Khomeinista, racconta di un gruppo di studentesse che insieme a lei si riuniscono in segreto una volta la settimana per parlare di letteratura e commentare i testi che sono proibiti dal regime: Madame Bovary, Lolita, Orgoglio e Pregiudizio e altri. La sensazione di libertà che emana dalle pagine che descrivono questi incontri è forte tanto quanto quella della prigionia che emerge leggendo delle innumerevoli violenze fisiche e psicologiche che subiscono quotidianamente le persone e specialmente le donne. Oggi, Azar Nafisi era a Cuneo, a scrittorincittà, per parlare del suo ultimo libro Le cose che non ho detto, e solo un metro di neve (che per fortuna non c’era) mi avrebbe impedito di andarla a sentire. E’ una bella signora con un incantevole sguardo ribelle che ha parlato del libro nel quale racconta molto di sé e della sua famiglia, facendo un parallelo tra il regime dispotico di un paese, e quanto una famiglia possa esserlo altrettanto. Ha sottolineato il potere della letteratura, della poesia e ha ricordato più volte che la repubblica dell’immaginazione non ha bisogno di passaporto e supera le censure.
Non so se farà altre presentazioni in Italia, ma se fosse, vale davvero la pena di fare dei chilometri per andarla a sentire.

domenica 8 novembre 2009

Diventerò madre?

La maternalità nasce con il desiderio, realizzato o meno, di un figlio, scrive Catherine Bergeret-Amselek nel suo Il mistero delle madri. Sui nostri blog ci occupiamo spesso di quel desiderio realizzato, con gli annessi e connessi, piacevoli e non, ma - perlomeno per quanto mi riguarda - non ho mai scritto un post sulle donne che non riescono a diventare madri. Eppure, ricordo bene che era un timore che avevo da ragazza. Questa riflessione è nata da uno scambio mail con on the widepeak, che leggo sempre e da cui imparo ogni volta qualcosa. Allora ho pensato di chiedere il vostro aiuto. Se conoscete qualche blog orientato su questa tema, e se avete voglia di segnalarlo nei commenti, mi fate proprio piacere. Io segnalo quello di Lisa Corva, autrice del libro Confessioni di una aspirante madre, ma immagino ce ne siano molti altri.

giovedì 5 novembre 2009

Segnalazione: dvd - prime cure del neonato

Segnalo questa iniziativa perché oggi diventare genitori e non aver mai passato un po’ del proprio tempo con un neonato, non è affatto inconsueto. Mi raccontava una ginecologa di come negli ultimi 4/5 anni accada che, mamma, papà e neonato - dopo le dimissioni - tornino in ospedale a chiedere informazioni che mostrano una carenza di nozioni di base in merito all’ abc di tutta la… faccenda.

martedì 3 novembre 2009

anoressia - arteterapia

La visione di Contracuerpo, short film di Eduardo Chapero, è tanto angosciante quanto efficace in merito al tema dell’anoressia e dà la misura del livello spaventoso di malessere che circola fra troppi adolescenti, e non solo. Nello stesso giorno in cui l’ho visto, mi è stato segnalato il video che una mia collega arteterapeuta, Barbara Fiore, ha realizzato insieme a una classe di ragazzi dell’Istituto Franco Balbis di Torino.
Mi domandavo, dopo la visione dei due video, quanto tempo sarà ancora necessario per far sì che in tanti - tanti da creare una corposa maggioranza - capiscano che non c’è bisogno di abiti firmati, di auto potenti, di corpi che aderiscono a un modello malato, ma c’è bisogno di amore, ascolto, condivisione, amicizia, empatia.
Non aggiungo altre parole, le immagini sono così efficaci da renderle superflue.

domenica 25 ottobre 2009

Uno o due?

Ricevo da Diana un premio, la ringrazio, e visto che anche lei è madre di due gemelli ne approfitto per raccontare un aneddoto che mi riguarda. In rete, si trovano parecchi post nei quali sono ampiamente narrati tutti i luoghi comuni e le frasi che in quanto genitori di gemelli bisogna “sopportare”. Li confermo tutti. C’è nella gemellarità qualcosa che attiva indiscutibilmente alcune domande. Ma prima di ascoltarle c’è il passaggio in cui si scopre di essere incinta non di uno, ma di due bambini. Dunque ero incinta di tre mesi, andai dal ginecologo per i soliti controlli ed esordii dicendo: “Secondo me i bambini sono due, la gravidanza è diversa dall’altra, sono già ingrossata parecchio, mi sento stranissima, mia nonna materna ha avuto due gemelli e l’ereditarietà incide, e credo anche che siano due maschi”. Lui mi guardò affettuosamente (si sa, le madri giovani a volte si fanno strane fantasie), poi mi visitò e disse: “Ma no, è ingrossata di più perché l’altra gravidanza è recente, qui di bambini ce n’è solo uno, comunque facciamo un’ecografia di controllo per tranquillità”. Durante la settimana successiva, decisi che se lo aveva detto lui - peraltro ottimo ginecologo - che bambino ce n’era solo (?!) uno, non avevo motivo di dubitare, perseveravo tuttavia sull’idea che fosse maschio. Arrivò il giorno dell’ecografia, e io con la pancia ulteriormente e abbondantemente lievitata salutai il ginecologo che mi osservò e se ne stette in pensoso silenzio. Spalmò il gel, e
“Sa che le dico, signora, aveva ragione lei!”.
“ E’ un maschio”.
“No, sono due”.
(Ci sono casi nei quali avere ragione risulta essere…impegnativo).

lunedì 19 ottobre 2009

Segnalazione: vietato non toccare

Per bambini dai 2 ai 7 anni di Milano e dintorni ecco una bella iniziativa. Troverete qui tutte le informazioni.

domenica 18 ottobre 2009

Casa delle donne e Mom Camp

In attesa di leggere le notizie dal mom camp, al quale ho partecipato appena due ore al mattino, troppo poco per farmi un’idea, ringrazio tutte le persone che erano presenti venerdì, alla casa delle donne. E tutte quelle che non erano presenti fisicamente, ma che sapevo idealmente vicino. Per quanto mi riguarda sembra che tra me e Roma ci sia aria di innamoramento. Ma sono appena tornata, è troppo presto per dare un nome preciso alle cose. Piuttosto, in attesa di trovare le energie per scrivere un post, vi lascio un’intervista che risale al periodo estivo di chiusura del blog. La trovate qui.

domenica 11 ottobre 2009

Di compleanni e presentazioni


Pensavo in questi giorni che a breve il mio libro compie un anno. So con certezza la data poiché il corriere ha consegnato il pacco contenente alcuni libri il giorno del compleanno di mia madre. Dopo i soliti ritardi, dopo gli indirizzi sbagliati, dopo gli intoppi inevitabili e la lunga attesa, ho sfogliato per la prima volta le sue pagine il 10 novembre 2008. E riflettevo (sì, dopo aver pianto, è ovvio), sul fatto che non esisteva data migliore per la consegna. Le radici di questo libro nascono certamente dalla mia personale storia di madre, ma la mia storia è intrecciata a quella di mia madre attraverso ricordi, mancanze, opportunità, eredità pesanti e lievi, riscatti, ripetizioni, impronte, possibilità. E a quella di mia nonna: due figure femminili alle quali la maternità ha sacrificato troppe altre parti di sé. Nulla di nuovo. Succedeva e succede. Con minore frequenza ma succede. Io appartengo alla generazione che è riuscita a mescolare qualcosa di più. Sui prezzi pagati per questa mescolanza, sappiamo. Ma, il più delle volte, possiamo scegliere, e non è poco. A dire il vero non so bene il motivo di questa premessa, a questo post. La comunicazione che volevo fare in realtà era che sarò a Roma, venerdì 16 ottobre, alla Casa delle Donne. (Grazie Flavia, che come Piattini e Itmom in altre presentazioni, hai accolto il mio invito). Mi viene in mente però che torno a Roma per la terza volta in un anno, e ho girato parecchio in altre città. Ogni tanto mi domandano come mai corro così tanto per questo libro, e io spiego ogni volta che c’è ancora tanto bisogno di dire, di alzare un velo sull’ipocrisia e sui soliti bla bla sulle meraviglie della maternità. Che pur ci sono. Ma oggi mi viene in mente che il mio correre nasce anche da quello sguardo che mia madre e mia nonna talvolta non riuscivano a celare. Uno sguardo lontano, verso un altrove diverso da quello che vivevano. Come tutte le donne ho dovuto fare i conti con aspetti irrisolti delle figure femminili che mi hanno preceduta. Sarà per questo che uno dei rumori che amo di più è quello delle ruote del trolley, sulla strada. Se è poco liscia e fa più rumore, meglio ancora. Inutile dirvi che mi farà piacere incontrarvi, per chi desidererà e potrà esserci, venerdì 16. Sarò anche presente al Mom Camp sabato mattina, prima che un treno mi riporti a casa.

mercoledì 7 ottobre 2009

Progetto MOMCoach

Sabato 17 ottobre a Roma in occasione del prossimo Mom Camp, verrà presentato questo progetto. Pensato per le madri. E' un'ottima iniziativa e qui troverete tutte le informazioni.

domenica 4 ottobre 2009

Mal di pietre

Di questo libro mi è piaciuto parecchio il modo usato dall’autrice, Milena Agus, di descrivere la classica “pecora nera” presente in quasi ogni famiglia. Un modo inconsueto ma molto vero.

“Mamma mi ha raccontato queste cose dopo che nonna è morta. Le ha sempre tenute per sé e non ha mai avuto paura di farmi allevare da sua suocera che amava molto. Anzi, pensa che dobbiamo essere grati a nonna perché si è presa tutto il disordine che magari sarebbe toccato a papà e a me. Secondo mamma, infatti, in una famiglia il disordine deve prendere qualcuno, perché la vita è fatta così, un equilibrio fra i due, altrimenti il mondo si irrigidisce e si ferma. Se la notte noi dormiamo senza incubi, se il matrimonio di papà e mamma è sempre stato senza scosse, se mi sposo con il mio primo ragazzo, se non abbiamo crisi di panico e non tentiamo di suicidarci, né di buttarci dentro i cassonetti della spazzatura, o di sfregiarci è merito di nonna, che ha pagato per tutti. In ogni famiglia c’è sempre uno che paga il proprio tributo perché l’equilibrio fra ordine e disordine sia rispettato e il mondo non si fermi”.

martedì 29 settembre 2009

segnalazione, Aied Milano

Ho ricevuto questa mail dall'Aied di Milano e volentieri la pubblico perché è un'iniziativa importante.

Per aiutare le mamme a sentirsi meno sole e ad affrontare le prime difficoltà nella gestione quotidiana del bambino, con tutto quello che l'arrivo di una nuova vita comporta, l'Aied, il consultorio di via Vitruvio 43 a Milano, mette a disposizione un sistema di assistenza a domicilio alle neomamme a cura di operatori qualificati in grado davvero di dare una mano in questo momento così bello ma anche faticoso. Il progetto "La nascita della mamma" è composto da visite gratuite a domicilio da parte di un'ostetrica che aiuterà le mamme a prendersi cura del loro bambino, ma anche di se stesse e della loro relazione col partner. Le visite sono affiancate da incontri di gruppo, che si terranno in Aied, dove le mamme e i loro partner potranno incontrarsi e condividere esperienze comuni.
SEI UNA NEOMAMMA O STAI PER DIVENTARLO? UNA TUA AMICA STA PER AVERE UN BAMBINO? CHIAMACI O SCRIVI UNA MAIL (02.66714156, info@aiedmilano.com ) PER PARTECIPARE GRATUITAMENTE AL CORSO POSTPARTO.

domenica 27 settembre 2009

Poesia (di mio figlio)

Biscotti

Sei partita da appena un mese
e io
sono qua che mangio i tuoi biscotti.
Mi hai lasciato così,
all’improvviso.
Avevi cose più importanti da fare.
Va bene.
Dico sul serio.
Va bene.
Anche perché il nostro non era certo
amore,
era più che altro un drago verde
e sonnolento.
E tu ogni tanto davi di matto,
ma io,
cosa vuoi,
sopportavo.
E a letto, metà delle volte,
mi sembrava d’essere a teatro
a fissare un attore che non sa la sua battuta
e
l’altra metà,
dovere.
Così i miei fottuti complessi d’inferiorità,
venivano a galla
come cadaveri sopra la schiuma
dove s’increspa l’onda.
E così,
ora me ne sto qua
a tirare le somme
di quest’ultimo anno insieme
e scopro
che è meglio stare coi tuoi biscotti,
che con te.

domenica 20 settembre 2009

L'amore nascosto

Film pesante. E dire che io sono una di quelle che ha amato “Le onde del destino” di Lars von Trier, tanto per rendere l’idea. Ma di questo film, che è la storia di un tragico rapporto madre-figlia, ho poco apprezzato i silenzi che sono davvero troppo lunghi e rischiano di smarrire il loro significato. O forse la mia noia è stata semplicemente una difesa dall’intenzione del regista Alessandro Capone nel rappresentare un odio estremo madre-figlia. E’ un odio senza rimedio, senza speranza, senza evoluzione. Si incarna in una malattia che fa trascorrere alla madre lunghi periodi in una clinica psichiatrica e in un colpo di scena finale che ovviamente non scrivo. Senza dubbio il regista ha dato voce e immagine alle parti oscure della maternità. A quelle più estreme. E’ tratto dal libro “Madre e Ossa” di Danielle Girard ed è stato girato a Parigi nel 2007. La madre è interpretata da Isabelle Huppert, la figlia da Mélanie Laurent, e la psichiatra da Greta Scacchi. Una cosa ho amato parecchio: Greta Scacchi e Isabelle Huppert stanno naturalmente invecchiando e sono bellissime senza silicone e rigonfiamenti vari.

domenica 13 settembre 2009

Il tredicesimo invitato

Era bella, inquieta e piena di talento. Nell’introduzione al libro Il tredicesimo invitato, Donatella Bisutti scrive a proposito di Fernanda Romagnoli, poetessa: “…Credo sia stata schiantata dalla sua dolorosa capacità di gioia in una vita povera di eventi esteriori ma agitata da grandi tempeste interne, che poco o niente dovettero apparire all’esterno, se non della mediazione dei versi…”. Vissuta tra il 1916 e il 1986 ha attraversato gli anni nei quali, per le donne della sua generazione, non esprimersi era la norma. Tenere dentro, nascondere, censurare. Lei come poetessa ha avuto un riconoscimento molto tardivo, e io spesso penso a quanta ricchezza di pensieri, passioni, creatività, idee è andata persa in quell’epoca in cui erano ancora poche le donne che potevano osare. Donne che oggi non ci sono più e che avrebbero potuto creare opere (sculture, aziende, libri, quadri, giardini, progetti innovativi.. non importa cosa, ma che contenevano la forza di questa poesia per esempio).

Caino

Ma se sono diversa. Se non posso

applaudire con voi, se non odio

quello che odiate – ho colpa?

Io, lo confesso, lascerei sul podio il vincitore; io la mano

vorrei stringerla al vinto.

Voi fate un gran compianto per Abele,

per lo scaltro innocente, così certo

del consenso divino.

Ad un buio sudore io penso, al fiele

d’un cuore nella polvere respinto.

Io piango l’altro: Caino.

domenica 6 settembre 2009

Dieci cose di me

Ricevo da Mamma News e Monica il premio Honest Scrap e allora le ringrazio e anch’io dirò dieci cose di me. Giro il premio a chi desidera fare altrettanto perché alcune l’hanno già fatto e altre non desiderano farlo. E dunque premio il desiderio di. A chiunque appartenga.

Adoro l’acqua, quella della doccia, del bucato a mano, della piscina, del mare e dei parchi acquatici. E’ davvero casa mia, tanto quanto mi sono estranee le discese sugli sci. La montagna mi piace per le camminate, i paesaggi, e per il clima, perché l’estate è una stagione che vorrei non arrivasse mai. Detesto l’afa e amo la pioggia, il freddo, la moda invernale. D’estate non guardo nemmeno le vetrine, tranne quelle delle scarpe che sono una delle mie passioni, insieme al caffè e alle grandi città. Una vita non mi basta, e allora cerco di vivere più vite in questa qui. Se non trovassi il mondo esterno a volte così affascinante potrei trascorrere il mio tempo chiusa in una stanza purché ci siano libri e film a volontà. Credo siano ben più di dieci le cose che ho detto di me, ma non mi metterò a contarle che io con i numeri mica ci vado tanto d’accordo. E…, dimenticavo, se qualcuno ha bisogno di aiuto faccio il possibile per esserci, ma non coltivo la bontà e quando sento la frase: porgere l’altra guancia, rabbrividisco, e a chiunque decidesse di mollarmi un bel ceffone avrei la premura di restituirlo un po’ più forte.

domenica 30 agosto 2009

In altri termini

Le frasi che seguono sono state scritte da Annie Lecrerc nella postfazione del libro In altri termini di Marie Cardinal. Quando le ho rilette, quest’estate, ho pensato che nonostante siano state scritte 25 anni fa non denunciano affatto la loro età. Eccole dunque, e rieccomi.


“…Perché non credo che il nostro desiderio di nascere cessi nel momento esatto in cui lasciamo il corpo di nostra madre, né che il nostro desiderio di far nascere possa realizzarsi solo in un figlio. E non è certo perché non abbiamo ancora tagliato a sufficienza il cordone ombelicale con la madre che manteniamo così pulsante, così vera, così viva, questa voglia di parole, ma perché non siamo ancora nati del tutto. E non è in funzione dei bambini che non faremo più, o che non faremo affatto, che questa voglia di scrivere ci afferra.
Tutte le volte che si intavola una discussione, che si anima un dibattito sul tema della creazione, o meglio della scrittura femminile, prima o poi appare inesorabilmente il momento in cui qualche spirito arguto arriva a enunciare o suggerire che in linea di massima converrebbe considerare la creazione come un sostituto della procreazione…”

“…Ma che diavolo avete poi da scrivere?
Scriviamo perché c’è bisogno che si scriva. E non solo perché il passato, l’infanzia, gli odori, lo choc terribile e dolce dei primi corpi raggiungano attraverso il testo scritto la loro ultima incarnazione. E non solo perché le ferite originarie saturino, finalmente, i loro grandi lembi di dolore, di stupore, nelle parole scritte. Ma perché quello che non è stato scritto lo sia, perché il reale sia in qualche modo modificato, dilatato. Perché un piccolo spazio nuovo sia dato ad altri che vi troveranno di che respirare, di che crescere, di che parlare…”.

giovedì 2 luglio 2009

Arrivederci a settembre

Farò una pausa di due mesi. E’ ora di staccare un po’ da questa bella avventura e recuperare il tempo per i troppi libri che attendono di essere letti.
E ovviamente andrò in vacanza e lavorerò e scriverò.
Passerò di certo ogni tanto a leggervi e salutarvi. Un grazie enorme per tutta l’energia, le idee, le parole, i pensieri, i progetti che tutti insieme facciamo circolare.
Buona estate!


mercoledì 1 luglio 2009

Fata Morgana

Fata Morgana fa parte di uno dei progetti della CS_libri di Torino, libreria editrice. E’ un’antologia di racconti e non è l’unico progetto di questo editore, che pubblica trimestralmente LN, una rivista indipendente di attualità librarie, e Alia, la collana di narrativa l’arcipelago del fantastico.
So che tra chi legge questo blog ci sono persone appassionate di scrittura e di lettura. Nei vari link ci sono cose interessanti per chi ama le parole. Intanto l’editore mi ha autorizzata a postare uno dei miei racconti già pubblicati in cartaceo su Fata Morgana. L’ho scritto dopo che mi era stato detto: “Che palle, scrivi sempre cose femminili”. E allora ecco
qua: un protagonista maschile.

domenica 28 giugno 2009

Tra volti e non volti

E’ il titolo di un video di Maria Grazia Tundo. E’ un sollievo vedere che noi donne iniziamo a ribellarci (o perlomeno a riflettere) su ciò che accade ai nostri corpi quando non si accetta il lavoro del tempo.

mercoledì 24 giugno 2009

Donne pensanti

Ho appena aderito a questa iniziativa di Panzallaria. Il blog donne pensanti. La misura è colma da tempo, dobbiamo provare a unirci, e fare qualcosa, donne e uomini che non pensano che le donne siamo merce. Firmare è un punto di partenza.

domenica 21 giugno 2009

Madri - donne assassine

Temporeggiavo a leggere Madri assassine, diario da Castiglione delle Stiviere. Temporeggiavo perché pur desiderando sapere che cosa aveva scritto la giornalista Adriana Pannitteri, dopo un viaggio all’interno dell’ospedale psichiatrico giudiziario, l’argomento appartiene a una di quelle aree nelle quali non vorrei mai entrare. Vorrei poter negare che esistono, semplicemente lasciando un libro dimenticato. Ma i meccanismi di difesa non funzionano all’infinito e dunque l’ho letto, e ne scrivo. E’ un bel libro. Con alcune testimonianze di donne che hanno commesso un figlicidio, alternate alla storia di Maria Grazia, figlia di una donna malata di depressione. Sono storie in cui l’elemento comune è la psicosi e dunque entriamo in aree nelle quali non mi sento di trarre alcuna conclusione. Il meccanismo che si attiva nell’istante in cui una persona decide di ucciderne un’altra, o decide di uccidere se stessa, ha a che fare con qualcosa di non spiegabile, non prevedibile fino in fondo. Un elemento però accomuna le storie raccontate. La solitudine. Un male comune a troppe persone ma di cui soffrono in particolare gli anziani e le madri. E che quando si accompagna a delle patologie già di per sé molto gravi, può creare una miscela esplosiva fino all’irreparabile.

Riguardo allo stesso tema esiste un capitolo all’interno di Come uccidono le donne di Giuliana Kantzà, che poi amplia il discorso alle donne che uccidono i genitori, a quelle che uccidono per gelosia e altri casi ancora.

Non posso certo dire che si tratti di letture lievi, ma chi è interessato agli aspetti oscuri della vita può trovare in questi libri delle belle pagine su cui riflettere.

La cosa che ogni volta mi lascia perplessa, anzi che mi fa parecchio arrabbiare, di fronte a tragedie di questo tipo, è leggere che i familiari, di frequente, non si erano accorti del malessere della donna. O che l’avevano sottovalutato. Come si fa, mi domando, a vivere accanto a una persona e non rendersi conto che è al limite? Come si fa a farsi bastare le parole della stessa donna, la quale, lei per prima a volte, nega il suo star male? Ci sono persone che non hanno problemi a condividere le loro fragilità, ce ne sono altre che piuttosto di ammetterle arrivano a toccare limiti sottili come la lama di un rasoio. E tragicamente talvolta a sorpassarli. Sto pensando anche ai tanti adolescenti che soffrono di disturbi alimentari e ai troppi genitori di questi che vivono nella beata inconscienza. Un familiare stretto non dovrebbe mai potersi permettere di essere cieco di fronte a queste cose. Perché non è disattenzione, è omissione di soccorso.

martedì 9 giugno 2009

La figlia oscura

Quante cose si fanno e si dicono ai bambini nel segreto delle case. Bianca aveva già un carattere gelido, è stata sempre così, inghiottiva le ansie e i sentimenti. Restò seduta su Mina, disse solo, scandendo le parole come fa ancora oggi quando dichiara le sue volontà come fossero le ultime: no, è mia. Allora le diedi uno spintone cattivo, era una bambina di tre anni, ma in quel momento mi sembrò più grande, più forte di me.
Le strappai Mina e lei finalmente fece gli occhi spaventati. Scoprii che le aveva tolto tutti i vestiti, anche le scarpette e i calzini, e l’aveva sporcata da capo a piedi con i pennarelli. Uno sfregio rimediabile, ma a me sembrò senza rimedio. Tutto in quegli anni mi sembrava senza rimedio, io stessa ero senza rimedio. Lanciai la bambola oltre l’inferriata del balcone.

Elena Ferrante, edizioni e/o

martedì 2 giugno 2009

Ricordi?

Ricordi quando ti ho detto, oltre il vetro dell’incubatrice, di non spaventarti se mi avessi sentita discutere con chiunque fosse entrato in quel momento e mi avesse scoperta a leggere la tua cartella clinica? Non intendevo più tollerare l’assenza di notizie sulla tua salute e quel nicchiare dei medici di fronte a mie domande più precise. Cercai, trovai e ti sorrisi. Ricordi la pazienza che hai avuto ad attendere che il tuo gemello iniziasse a camminare? Andavi ovunque facendo finta di tenermi per mano, ma fino a quando anche quel monello che insieme a te era nato non ha fatto i primi passi da solo, non hai voluto staccarti. E hai poi visto che i tuoi fratelli mica ti hanno aspettato a imparare a nuotare, e hai fatto i conti da solo con la paura che ti incuteva l’acqua quand’eri bambino. Sei gemello di un altro maschio che però somiglia al fratello più alto. E spesso sono stati loro due ad essere creduti gemelli. Dev’essere stato ben difficile conservare una propria identità con le molte domande e i visi stupiti di fronte a “no, sono loro due i gemelli, lui è il primogenito”. Il quale primogenito per un bel numero di anni ha avuto come obiettivo preciso quello di dividere una coppia che sentiva minacciosa per lui. Dal giorno stesso direi in cui gli ho spiegato (aveva tre anni) che non avrei potuto realizzare quello che lui considerava un suo diritto: “Mamma, loro sono due, io sono uno, adesso tu ne fai nascere uno grande come me”.

Ricordi?

E l’adolescenza e i suoi drammi i e i tuoi tentativi di evitare i conflitti sui quali non ti davo tregua e col cavolo, ti dicevo, ora ne discutiamo, invece.
Non so come poi (ma lo so, certo che lo so) a un certo punto hai 26 anni e un bagaglio di esperienze e progetti e passioni. Una di queste è l’Australia. Partirai a settembre e non è più soltanto un’idea, un sogno o parole che si accavallano ad altre, ma è un visto ottenuto e un volo prenotato. Dicevi in questi giorni del tuo desiderio di andare pur sapendo che tornerai poiché senti che le tue radici sono ben salde in questi luoghi. Non so se lo dicevi perché intuisci quella parte di me che io non dico, quella di ogni madre di fronte alle distanze di un figlio, anche di quelle che i figli li lasciano andare, o se davvero è così quel che senti. Può darsi. Sottovaluti forse ancora ciò che l’amore può fare e quanto un incontro può cambiarti la vita.

Tempo fa lessi in un libro che la nostra vita è come una casa. Il luogo, il terreno sul quale è costruita lo riceviamo in eredità dai nostri genitori. Se è fertile e soleggiato sarà più semplice costruire la nostra casa, che comunque è compito nostro. Se ereditiamo un terreno arido avremo più lavoro da fare, faremo più fatica. Io mi auguro che tu non debba lavorare troppo per bonificare il terreno, in modo tale che ti rimarranno più energie per costruire ciò che sarai.

E allora io a te, che discuterai la tesi tra qualche giorno, a te che consideri cucinare un’arte e quando sei tu ai fornelli mangiamo in religioso silenzio per non rovinare i gusti con le parole, a te che scendi alle sei del mattino per poter fotografare un paesaggio con la luce giusta, se è la fotografia quel giorno il tuo pensiero. A te per il quale i computer non hanno segreti e senza il tuo aiuto non avrei mai iniziato a scrivere su questo blog, a te Francesco dico grazie per la strada percorsa insieme in questi anni. Il futuro è tutto da vivere.

sabato 30 maggio 2009

Dentro il corpo

Da un po’ di tempo volevo scrivere un post sul corpo, ma le mie riflessioni sarebbero state analoghe a quelle che ha scritto Monica qui.

mercoledì 27 maggio 2009

Intervista

Una giornalista mi chiede se fra le lettrici di questo blog (o qualche amica o amica dell’amica), può essercene qualcuna interessata ad essere intervistata in merito alla difficoltà di essere madre. Vanno bene anche testimonianze di persone che la difficoltà l’hanno già superata. L’intervista è per un giornale femminile di grande tiratura e sarà presente un fotografo. Chi volesse saperne di più può scrivere a solitudinedellemadri@tiscali.it e io girerò la mail della giornalista che fornirà indicazioni più specifiche.

giovedì 21 maggio 2009

Essere genitori: John Bowlby

Da una conferenza di John Bowlby, etologo, psicoanalista inglese, a New York nel 1980.

Voglio anche sottolineare che, nonostante pareri contrari, occuparsi di neonati e di bambini non è un lavoro per una persona singola. Se il lavoro deve essere fatto bene e se si vuole che la persona che primariamente si occupa del bambino non sia troppo esausta, chi fornisce le cure deve ricevere a sua volta molta assistenza. Varie persone potranno fornire questo aiuto: in genere è l’altro genitore; in molte società, compresa la nostra, l’aiuto proviene da una nonna. Altri che possono essere coinvolti nell’assistenza sono le ragazze adolescenti e le giovani donne. Nella maggior parte delle società di tutto il mondo questi fatti sono dati per scontati e la società si è organizzata di conseguenza. Paradossalmente ci sono volute le società più ricche del mondo per ignorare questi fatti fondamentali.
Le forze dell’uomo e della donna impegnate nella produzione dei beni materiali contano come attivo in tutti i nostri indici economici. Le forze dell’uomo e della donna dedicate alla produzione, nella propria casa, di bambini, sani, felici e fiduciosi in se stessi non contano affatto. Abbiamo creato un mondo a rovescio. Ma non voglio addentrarmi in complesse argomentazioni politiche ed economiche, ma voglio sottolineare il pericolo di adottare delle norme sbagliate. Perché proprio come una società in cui esiste una cronica insufficienza di cibo può assumere come sua norma un livello di nutrizione deplorevolmente inadeguato, così è possibile che una società nella quale i genitori dei bambini piccoli vengano abbandonati a se stessi, in una cronica insufficienza d’aiuto, consideri questo stato di cose come normale.

John Bowlby, Una base sicura, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1989.

lunedì 18 maggio 2009

Troppo

Amo il silenzio, la penombra, le biblioteche. E invece sono stata per quattro giorni consecutivi al Salone del libro. Inutile dire del piacere di esserci, e con me ITmom e Piattini, che non ringrazierò mai abbastanza. E ringrazio le tante blogger che sono passate allo stand della Edizioni Magi. E’ un ringraziamento collettivo poiché tra i nomi reali e quelli dei blog temo qualche confusione o dimenticanza.
Ora però vado a camminare in una strada di campagna e spero che l’odore di terra e erba e fiori, il verde delle colline dopo le lunghe piogge di questa primavera, e il silenzio (un cane che abbaia in lontananza è accettabile) siano una buona cura per il rumore assurdo che c’è stato in fiera, le luci troppo forti, il troppo di tutto. Troppe persone, troppo caos, troppi libri. Troppo.

venerdì 15 maggio 2009

Segnalazione

Lunedì 18 maggio alle ore 18, presso la biblioteca Shahrazad in V. Madama Cristina 41, a Torino, in collaborazione con la fiera del libro e la circoscrizione 8 del comune, verrà presentata l’antologia di racconti Fata Morgana. Chi fosse interessato può dare un’occhiata qui e qui. Nelle ultime tre antologie è presente un mio racconto, e a breve ne posterò uno sul blog.

L'angolo della poppata alla fiera del libro

Il leone verde Edizioni insieme a Bambino Naturale.it hanno creato, alla fiera di Torino, uno spazio utile: l’angolo della poppata. Ieri, appena entrata nel Salone, ho visto le indicazioni per questa bella iniziativa, e ovviamente sono subito entrata a curiosare. E’ un luogo per allattare e cambiare il bebé. Si possono inoltre consultare numerosi libri su mamme e bambini, intanto che ci si riposa e si beve una tisana. Un’oasi tranquilla nell’inevitabile caos di una fiera, che fa la differenza nel decidere se andare o meno a fare un giro in mezzo ai libri con pargolo/i a seguito.

lunedì 11 maggio 2009

Il salone del libro

Sarò al salone del libro, da giovedì 14 a domenica 17, ogni pomeriggio, nel padiglione 2 stand M 166, lo stand della Magi Edizioni. In mezzo ai libri, e a contatto diretto con le persone: quale luogo migliore? Vi aspetto. Ci sarà la presentazione del mio libro domenica 17, e sono molto felice che insieme a me ci siano ITmom e piattinicinesi. I dettagli qui.

sabato 9 maggio 2009

Louise Bourgeois, i ragni, le madri

Louise Bourgeois, artista francese quasi centenaria, ha trascorso buona parte della vita negli Stati Uniti. Ha iniziato la sua carriera usando diverse tecniche ma specializzandosi poi in opere scultoree e installazioni. Per crearle ha usato marmo, bronzo, gesso, legno, ferro, tessuti e materiali sintetici. Solitaria e prolifica dice che “Il dolore è il soggetto di cui mi occupo. Dare significato e forma alla frustrazione e alla sofferenza”. Nelle interviste spesso racconta del difficile rapporto con i suoi genitori e la cosa che mi ha sempre colpita è che pare essere una di quelle persone che non è riuscita a trovare pace né perdono delle sofferenze ricevute a distanza di moltissimi anni. Succede. Ma il motivo per cui ne scrivo è che fra le sue opere più famose ci sono dei giganteschi ragni di acciaio, i suoi “giant spiders”, uno dei quali si chiama “Maman” opera del 1999. Penso a quante volte nelle immagini di arteterapia emerge la figura del ragno, che poi nelle associazioni è collegata a un aspetto del materno. La madre che nutre, che tesse la tela e dunque sostiene e protegge, ma che può anche intrappolare. Sono due aspetti che Louise Bourgeois ha rappresentato molto bene con le sue sculture giganti. Quante volte una madre soffocante è vista come una buona madre? E quante volte una madre che ama i propri figli in modo sano e li lascia liberi viene vista come una madre poco adeguata?
I giant spiders viaggiano nelle piazze e nei musei di tutto il mondo per raccontarci che una madre può anche intrappolare come un ragno.

mercoledì 6 maggio 2009

Il tempo

Fa piacere rileggere un proprio post scritto il 5 maggio, con la segnalazione di un evento dal 6 al 10 maggio, che inizia con le parole “la prossima settimana”. Ecco, tanto per chiarire, posso senza orologio dire con una buona precisione che ora è, però su quale giorno vivo, se è lunedì o martedì, o cose di questo tipo, ecco, così, a naso, direi che senza agenda qualche difficoltà la incontro. ( E fosse la prima volta che mi succede...).

martedì 5 maggio 2009

Segnalazione

La prossima settimana, dal 6 al 10 maggio, ci sarà a Varese il terzo concorso di Corti Teatrali. Venerdì 8 maggio alle ore 20.30 Jane Bowie reciterà il monologo, scritto da lei, sull’incendio avvenuto a New York l’8 marzo 1911. Darà voce alle donne e agli uomini che hanno sofferto e che soffrono per il mancato rispetto dei diritti sul mondo del lavoro. Tante mimose in meno e più voci di questo tipo sarebbe davvero auspicabile.

domenica 3 maggio 2009

Di premi e di scrittrici

Ho ricevuto questo premio da PaolaFrancy e Beba e insieme al piacere ho provato l’imbarazzo di sentirmi definire una scrittrice. Mi è venuto in mente che per me c’è una grande differenza tra un’autrice di un libro e una scrittrice. Un’autrice, quale io mi ritengo, è una persona che sa usare le parole, ci gioca, può essere in grado di metterle in fila in modo tale che qualcuno leggendola può sentirsi capito o può mettere a fuoco un concetto e un’emozione che prima era oscuro, e può passare gradevolmente un po’ di tempo immedesimandosi in una storia o in una riflessione; una scrittrice è una persona in grado di costruire una storia, un romanzo, con una trama e dei personaggi tali che ti catturano dentro il libro, con delle frasi così ben scritte per una sequenza tale di pagine da inchiodarti al libro, che quando finisce, oltre al piacere di ciò che hai letto provi dolore che sia terminato. Già ti manca. E allora ringrazio per il premio ricevuto che mi ha dato lo spunto per questo post e giro a voi una domanda. Qual è la vostra scrittrice o il vostro scrittore preferito? Il primo nome che vi viene in mente. Così, senza pensarci troppo, che se ci si pensa troppo la scelta si fa poi dura. Inizio io! Per me è Irene Nemirovsky. L’ho scoperta solo negli ultimi anni e l’ho letta quasi tutta e sì, lei è davvero una grande scrittrice.

lunedì 27 aprile 2009

Segnalazione

Mamma mia (a proposito di quanto sia facile essere madre in Italia...)

domenica 26 aprile 2009

Verso Elettra

Andrò a vedere Silvia Battaglio in Verso Elettra, a Torino dal 6 al 10 maggio. L’ho scoperta l’anno scorso, casualmente (ma perché mai siamo quotidianamente funestati da personaggi insulsi e le persone di valore le dobbiamo andare a cercare? Va bè un’idea ce l’avrei ma non è questo il post). In ogni caso Silvia Battaglio è giovane e sono certa che sentiremo parecchio parlare di lei. Avevo visto il suo Un sogno per Maria perché una frase riferita allo spettacolo mi aveva colpita molto. Quella in cui l’annuncio che l’Angelo fa a Maria viene visto come un dono e una mancanza. Una sintesi poetica ed efficace per descrivere la realtà dell’essere madre: un dono enorme e sì, anche una mancanza. Ero andata dunque per l’argomento e avevo scoperto questa donna che è autrice, regista e canta e recita, e danza mescolando corporeità e spiritualità con un talento innato coltivato dalla disciplina. Un’artista a tutto tondo.

giovedì 23 aprile 2009

domenica 19 aprile 2009

Cose da donne?

I post e i commenti di Silvia e di Denise mi hanno fatto rimuginare su un tema irrisolto: le donne curano, gli uomini molto meno, per ora. Allora sono andata a riprendere uno dei libri che ho amato di più negli ultimi anni: A modo mio di Elena Liotta. E’ un libro utile a ogni donna che desidera riflettere sull’essere tale, uno di quei libri da tenere in libreria, assaporarlo un pezzo per volta, poi leggerlo tutto insieme e infine riprenderlo a tratti. Almeno io così ho fatto. E ora che l’ho riaperto ne trascrivo una parte perché la condivido in pieno e non avrei saputo dirlo così bene.“…le donne- in qualsiasi ruolo si trovino- continuano ad adattarsi e a mandare avanti il loro lavoro facendo spesso appello al rinomato “senso pratico” o “buon senso; alla bravura nell’organizzare, nel comunicare, nel rendersi disponibili quando serve, oltre l’orario, il compito e il contesto.
Ma lo fanno perché sono così di “natura”, come sostengono molti uomini e anche alcune donne?
C’è forse in questo un’ingenua tautologia: visto che lo fanno vuol dire che ci sono portate, oppure sono brave perché lo fanno da sempre, come la funzione materna. Si farebbe meglio a pensare che sono state sempre costrette in qualche mansione, che a ogni generazione hanno imparato dalle loro madri a farlo, che continuano anche oggi poiché le suggestioni sociali e massmediatiche sono sempre le stesse, perché i lavori di accudimento, servizio e cura rimangono ancora facilmente accessibili alle donne, soprattutto perché gli uomini continuano a rifiutarsi di farli.
Rimane il fatto che alcune funzioni e ruoli della vita umana sono essenziali per la sopravvivenza della comunità. Qualcuno dovrà pur occuparsi della manutenzione, della pulizia, dell’igiene, dell’alimentazione, del riposo, dell’accudimento dei piccoli, dei deboli, degli anziani, di spazi, tempi, contesti, persone. Non si tratta solo di lavori elementari, ripetitivi, automatici. Occorre saper pensare, agire, trovare soluzioni, a volte anche sul momento, tenendo insieme coerentemente diverse parti di un sistema.
Anche nelle società psicoanalitiche o negli ordini professionali del campo della cura e dell’educazione, negli uffici di segreteria, centralino, manutenzione e organizzazione troviamo sempre e solo donne.
Ma forse è il caso di smettere di invocare un femminile innato che spinge al servizio. E’ troppo comodo per il maschile per essere vero”.
Questa è la situazione attuale, se i genitori e- mi spiace dirlo- tante madri, smetteranno di crescere i figli maschi come persone alle quali tutto è dovuto, potremo vedere fra qualche anno qualche cambiamento.

lunedì 13 aprile 2009

Siamo alle solite

Avevo messo i commenti in moderazione e ovviamente ora di pubblicarli ho fatto qualche pasticcio. Scoprirò cosa ho combinato in modo tale da non ripetere l’errore. Di tutti i pasticci informatici che combino questo è quello che mi è dispiaciuto di più. Perdere alcuni dei commenti che avevate scritto mi è molto dispiaciuto. Chiedo scusa per questo. Per alcuni di voi so che può sembrare un errore impensabile, per me, che sto all’informatica come un pesce su un sentiero di montagna, è purtroppo pane quotidiano. La cosa interessante è che questa cosa è accaduta per via dell’assenza di mio figlio, quello che con santa pazienza mi risolve ogni problema e tenta di spiegarmi le cose lasciandosi solo scappare ogni tanto un: “Te l’ho detta almeno venti volte - mamma - questa cosa, devo ripeterla?”.
Ehm, sì.
Sarà interessante vedere cosa succederà al blog (e alla mia sanità mentale) da settembre in avanti quando mio figlio starà qualche mese in Australia.

Abbiamo bisogno di padri

Sono andata al cinema, a vedere Gran Torino. E’ un bel film, che sta avendo quasi ovunque ottime recensioni. In effetti tocca dei temi importanti: la solitudine della vecchiaia, l’orrore della guerra e i suoi indelebili incubi, la difficoltà di relazione tra genitori e figli e tra vicini di casa, la problematicità dell’integrazione razziale e in generale il tema del bene e del male.
La relazione che Clint Eastwood instaura con il ragazzino Tao non è certamente consueta tra i padri e i figli di oggi. Indubbiamente, in passato, è stato importante che l’autoritarismo nell’educazione abbia smesso di essere la regola. Troppo dolore aveva seminato quella distanza e quella durezza nell’educare i figli delle generazioni precedenti.
Ma come a volte accade, per guarire da un eccesso, ci si ammala dell’eccesso opposto. E abbiamo avuto modo di osservare bene cosa succede ai ragazzi quando crescono senza regole e limiti. Clint Eastwood è a tratti molto duro con Teo, suo vicino di casa, con il quale per una serie di circostanze si trova a passare del tempo. Di sicuro non lo tratta da amico. Non concede sconti alla fatica e lo allena alla frustrazione. Eppure rappresenta una figura paterna molto importante che sostituisce egregiamente un padre assente.
Per fortuna nella vita ogni tanto si trovano dei sostituti. Penso però che uno dei motivi del successo di questo film sia dovuto al fatto che Clint Eastwood, dando vita a una figura maschile sì burbera, ma affettuosa a modo suo, e decisamente autorevole, abbia colto un bisogno forte della società.


martedì 7 aprile 2009

Il pudore

Mi è tornato in mente questo libro di Monique Selz, letto tempo fa: Il pudore, un luogo di libertà.(Einaudi). Mi è tornato in mente perché ho guardato di nuovo la televisione dopo il terremoto e ho visto che non è cambiato nulla da quando avevo smesso di farlo. Poi ho letto della donna di Vestenanova che ha affogato il figlio di un mese, ho immaginato i fiumi di parole, ipotesi, luoghi comuni che usciranno dalla bocca dei vari esperti, e allora sono andata a riprenderlo quel libro e lo rileggerò. In prima pagina c’è scritto: “Viviamo in una dittatura della trasparenza. Irresponsabili e infantili, mostriamo e guardiamo tutto. Senza interiorità”.

(ho disattivato i commenti).


domenica 29 marzo 2009

Madri a tempo pieno

Spesso mi domando che differenza c’è tra la solitudine che prova una donna che lavora quando diventando madre deve fare i conti con la carenza dei servizi, l’eventuale latitanza dei nonni, o la distanza geografica dei medesimi e di tutte quelle cose che fanno da contorno (anzi di tutte quelle cose che sono assenti come contorno), e quella che prova una donna che quando diventa madre decide, se può permetterselo, se lo desidera, di essere madre a tempo pieno. Mi pare che oggi quando una donna investe tutto il suo tempo nella maternità, debba in qualche modo giustificarsi, come se solo la donna che lavora sia in casa che fuori casa potesse contare su un’identità più riconosciuta a livello collettivo. Esistono donne che caricano i figli di aspettative che loro medesime non riescono ad esprimere, e questo è certamente un guaio per quei figli. Ma ne esistono altre che semplicemente nell’essere madri esprimono la loro creatività: lo fanno in modo sano, non aspettandosi riconoscenza eterna, non sentendosi chiuse in un ambito troppo stretto, non blaterando a destra e manca che la loro è l’unica scelta giusta e possibile. Sono donne a proprio agio nel loro ruolo di madri a tempo pieno per un periodo lungo della vita. Così lungo che poi la madre lascia il posto naturalmente al ruolo di nonna, una nonna che sarà poi una buona rete per la generazione successiva. Oppure sono madri a tempo pieno per un lustro o qualche anno in più, rinviando a data da destinarsi eventuali decisioni professionali. Temo però che oggi donne così si sentano fuori posto tanto quanto le madri che lavorano. In un modo o nell'altro il rischio di sentirsi inadeguate è sempre dietro l'angolo pronto a balzare addosso.

martedì 24 marzo 2009

Segnalazione

Una mia collega mi chiede se può usare il libro come traccia per un percorso di arteterapia e io ben volentieri segnalo questa iniziativa per le donne dei dintorni che possono essere interessate.
L’arteterapia è un buon strumento per stare in compagnia della propria anima.

domenica 22 marzo 2009

Di libri e di blog

Ho scoperto le mamme blogger nel 2006, durante la scrittura del libro. Mi piacque molto il loro modo di raccontare la maternità e continuai a seguirle costantemente, pur non commentando mai. Mi spiaceva palesarmi e poi sparire. Il libro richiedeva tempo e dovevo per forza di cose fare delle scelte. Dunque leggevo e apprezzavo. Silente. Qualcuna l’ho contattata via mail, per chiedere informazioni in merito ai corsi pre e post parto della zona o per esprimere il mio apprezzamento per qualcosa che aveva scritto. Sono stati scambi molto piacevoli e utili per avere una visione più ampia sulla maternità. Poi, ogni tanto, ho iniziato a commentare. Inizialmente con il pudore di chi teme di invadere un campo altrui, poiché pur essendo anch’io madre, i miei figli hanno quell’età in cui è probabile che io non tardi a diventare nonna. E ovviamente la mia quotidianità è diversa da quella di chi è alle prese con bambini piccoli. Tuttavia il loro linguaggio, il vostro linguaggio, mi piaceva molto e - in ritardo di un po’ di lustri-, ho iniziato a sentire l’appartenenza a un gruppo di persone che diceva cose affini alle mie in merito a un determinato argomento. Cosa non così consueta per me, e oltremodo apprezzata. Iniziai a parlare delle mamme blogger suggerendone la lettura ogni qualvolta ne avevo occasione. Un giorno feci un intervento in una radio e mi capitò di consigliare di usufruire della rete, per- dissi- “la capacità che hanno le mamme blogger di raccontare la maternità sfrondandola dai luoghi comuni”. La giornalista che mi stava intervistando mi guardò un po’ perplessa quando vi citai, e non era la prima volta che ricevevo quel tipo di sguardo quando parlavo dei blog. Mi pareva l’ennesima situazione in cui il tema della maternità era sottovalutato. E l’ennesima situazione in cui di fronte al nuovo, la mente si chiude e non intende lasciare spazio a possibili aperture.Tornai a casa, aprii la posta, e trovai l’invito della mia casa editrice per Ingresso Lib(e)ro. Fra le varie iniziative della giornata era prevista una sessione dedicata alle madri. Molto bene, mi dissi. Nell’arco di 24 ore (che noi donne, abbiate paziente uomini che leggete, sulle cose organizzative quando qualcosa ci appassiona siamo velocissime), la Magi edizioni ha dato l’ok alla mia proposta e piattinicinesi ha detto “Sì, certo che vengo a parlare della mia esperienza di mamma blogger”. Le virgolette sono mie, non ricordo con esattezza se ha detto proprio così, ma il succo è proprio quello. E dunque: sabato 28 marzo, alle ore 15, all’ AVR (Centro Congressi) - Via Rieti,13 - zona Piazza Fiume - Roma - parleremo di stereotipi e realtà dell’essere madre, e se avete tempo, voglia, interesse per l’argomento e desiderate partecipare, sarete davvero benvenute. Io sarò emozionatissima, che parlare in pubblico del mio libro non è esattamente ciò che preferisco (eufemismo), ma piattinicinesi rimedierà di certo (grazie piattina) e dopo ci possiamo rintanare in qualche angolo tutte insieme: due risate, un caffè e iniziamo a metter giù la bozza di una lettera da inviare alla Mara Carfagna; mittente: mamme blogger (che nel frattempo ho aperto pure io il blog), destinatario: Pari Opportunità, oggetto: migliorare la condizione delle madri.

domenica 15 marzo 2009

Conciliazione

-Papà, mamma dov’è?
-Al computer.
-Mi sa che prepariamo noi la cena questa sera!
-Sì, e dopo iniziamo anche a scrivere un libro sulla solitudine dei padri e dei figli…

Secondo me hanno confuso la parola solitudine con “conciliazione”. Ah! ma noi donne siamo brave a spiegare il significato della conciliazione, che conosciamo così bene, ora ci ri-provo.

sabato 14 marzo 2009

La svolta


E poi un giorno ti svegli e l’unico desiderio che ti accompagna è quello di andartene lontano, non importa dove, importa mettere una distanza considerevole da una vita che non ti appartiene. Te la sta rubando una madre invadente, un padre esigente, un lavoro che chiede troppo dando in cambio troppo poco o un lavoro che manca anche se hai studiato anni per averlo. Te la sta rubando l’essere madre quando diventarlo ti fa scoprire che è molto più complesso di quanto avevi immaginato. Te la sta rubando un uomo che vede sempre meno in te la donna e sempre più la madre. O un uomo violento, o molto assente o chissà che altro. Te la sta rubando anche quella parte di te troppo compiacente a una o più di una di queste cose e allora se è l’ennesimo giorno che ti svegli e l’unico desiderio che ti accompagna è quello di andartene lontano, sei sulla buona strada per fuggire da qualche gabbia stretta, correndo verso te.

domenica 8 marzo 2009

Mamme In Blog

E’ partita stamattina su Raitre alle 7.30 la prima di trenta mini-puntate (sei minuti) di un programma per bambini. Il tema è: le mamme in relazione al lavoro e ai figli. E’ stato piacevole vedere un programma lontano dalle solite rappresentazioni stereotipate che ci sono su madri e bambini, e indubbiamente ce n’è un gran bisogno. Forse non a caso si chiama “Mamme In Blog”.

Tacco 12


Avevo scritto un post per l’8 marzo. Era un grazie alle donne del passato per tutto ciò che hanno fatto affinché il loro posto, il nostro posto non fosse circoscritto ai muri di casa, in relazione a un padre, un marito, un figlio. Che hanno spostato l’orizzonte in territori nuovi, forse più scomodi, certamente più vivi. Quelle che hanno fatto sentire forte la loro voce quando si trattava di diritto al voto, al divorzio, all’aborto, all’istruzione; che hanno speso entusiasmo e dolore, fatica e coraggio. Hanno tagliato ponti e mandato all’aria tradizioni, assaporandone il piacere e patendo le conseguenze. Pagando dei prezzi per cominciare a vivere fuori dalle convenzioni.

Dopo ho cancellato tutto e cestinato. Mi pareva di non aver aggiunto nulla a ciò che altre persone stanno scrivendo su questi tempi a tinte fosche, anni inquietanti per tutti ma per noi donne ancor di più. Poi ho letto Vanity Fair di questa settimana: sondaggio su Facebook per capire quanto una donna patita di scarpe può spendere in una vita intera. A conti fatti la cifra finale risulta essere quella di un appartamento di piccole o grandi dimensioni a seconda del luogo di residenza. E’ un po’ come per i soldi delle sigarette: sommata giorno per giorno la cifra è impressionante. Ma la cosa più impressionante è stato il commento di una ragazza che a quella passione non intende rinunciare nonostante il prezzo: “Con 290 mila euro col cavolo che ti compri una casa oggi. Con un tacco 12 un posto dove dormire lo trovi sempre!”. Allora ho pensato che invece di ringraziare le donne del passato facevo meglio ad avvisare qualche ragazza di oggi, non quelle che il tacco 12 lo mettono perché a loro piace e basta, ma quelle che lo usano come investimento, dicendo, per esempio: ”Cara la mia ragazza che pensi di aver detto una gran furbata, vorrei avvisarti, che mi sa che non lo sai, ma è di gran moda il tacco 16 e se passa nello stesso posto una di quelle che li indossa, sei nei guai, tanto quanto se il legittimo proprietario del posto in questione ha il calcetto con gli amici o è via per lavoro. A meno che il medesimo non sia gentile e ti offra un posto per dormire in cambio di bucato, pulizie, cucina, ecco cose così per le quali però davvero, se sei portata, ti consiglio scarpe comode”.

E se ora non cancello queste righe non è perché io creda d’aver scritto qualcosa che andava proprio detto, ma è perché sbattendo forte i tasti del computer ho smaltito almeno un po’ di incazzatura. Di questi tempi non è poco.

domenica 1 marzo 2009

Billy Elliot

E io che pensavo che Billy Elliot fosse un film che illustra molto bene cosa può accadere in una famiglia quando c’è un lutto troppo grande da sopportare, e tutto si congela. E quel dolore freddo come il ghiaccio dopo un po’ si scioglie e diventa rabbia e così succede che quella rabbia si trasforma e diventa altro. Per esempio la possibilità che la vita riprenda a scorrere attraverso un sogno da inseguire, così potente che la rabbia diventa forza e poi sostegno a chi a quel sogno non rinuncia. E invece scopro qui che di Billy Elliot è solo l’ultima immagine del film che viene usata come modello. L’ennesimo modello di successo propinato ai nostri figli, l’obiettivo da raggiungere. Tacendo una volta ancora l’importanza del viaggio, della disciplina, del coraggio, della speranza, e sì, anche del dolore e della capacità di trasformarlo, che in tutto il film sono così ben descritti.

domenica 22 febbraio 2009

La mamma perfetta


E’ rimasta incinta solo quando l’ha desiderato e ovviamente al primo tentativo. E’ aumentata di nove chili esatti e ovviamente non le è rimasto un etto. Ha allattato per un anno intero e ovviamente non ha avuto ragadi. Il suo bambino dorme tutta la notte da quando è nato e intorno ai dieci mesi marciava spedito; a un anno e mezzo coniugava i verbi, ma purtroppo solo in italiano. Per l’inglese ha dovuto attendere un po’ ma verso i quattro anni l’aveva appreso bene. A scuola è il primo della classe, e pratica cinque o sei sport in modo eccellente. Tiene la sua stanza perfettamente in ordine senza che neanche sia il caso di dirglielo. Se nasce un fratello non è certo geloso, se è una sorella la protegge come un oggetto prezioso. Il padre collabora quotidianamente in cucina e poi riordina, gioca, è presente, sorride alla vita e alla famiglia che sono. Anche se lei ti fa comunque intendere che il merito è suo, ché lei sa come crescere i figli. Lei è come il prezzemolo, la si incrocia ovunque, anche se le riunioni scolastiche sono il suo forte. Lì c’è un bel gruppo di donne, molto spesso stanche, quasi sempre di corsa, a volte proprio in bilico o semplicemente stufe. Ci sono giorni i cui non la si riesce a evitare e può essere al supermercato, a scuola, al lavoro, in vacanza o altrove, e allora forse è saggio ricordarsi una cosa, e cioè che lei è una che di solito mente.

domenica 15 febbraio 2009

La giusta distanza


C’era una volta una bambina che aveva un papà che era sempre altrove e una mamma accogliente come un frigorifero in una stanza vuota. Non c’erano fratelli o sorelle che le facevano compagnia, o nonni e cugini che le strappassero una risata. La bambina diventò grande, comunque e nonostante, e un bel giorno si innamorò. Sarà per caso o sarà perché di mamma ne aveva avuta troppo poca, sposò un uomo che portava in dote una famiglia intera. Calda di carezze e cibo e gesti affettuosi che riempivano tutti quei vuoti che si portava appresso. E quando tutti gli spazi furono colmi, c’era ancora qualcuno che nutriva, riempiva, scaldava. Nacque un bambino. Le dissero di non preoccuparsi, che ci avrebbero pensato tutti insieme, loro sì che sapevano come fare: il papà, i nonni, gli zii, i cugini e i vicini di casa avrebbero provveduto ai bisogni di entrambi, scaldandoli e riempiendoli e nutrendoli.
La donna pensò che conosceva solo l’amore che manca come quando hai smarrito la sciarpa e sibila il vento di un gelido inverno; o quello che soffoca, come l’asfalto d’estate che sbuffa vapore sotto il sole cocente.
La donna capì che esser madre voleva dire imparare tante cose, ma soprattutto imparare a dosare l’amore.

domenica 8 febbraio 2009

Desiderio di fuga



In buona parte delle opere che rappresentano l’Annunciazione, la Madonna ha quella faccia un po’ così che sembra dire all’Angelo che va bene, e che se non andasse bene comunque non importa: se è ciò che deve fare lo farà senza batter ciglio. Ha l’espressione di chi non riesce ad immaginarsi nemmeno per un attimo che forse non è tempo, forse non ha così voglia, forse non l’ha deciso, che non è poi sicura che esser madre sia sempre bello come dicono e che, tra le altre cose, ha anche un po’ paura. Una faccia quieta (rassegnata?), di una donna che non si oppone a un destino confezionato per lei da qualcun altro. Senza dubbi, né ambivalenze.

Lorenzo Lotto, intorno al 1530, ha dipinto qualcos’altro.
Angelo: Vieni qui, non andartene! Devo fare un annuncio.
Madonna: No, no grazie! Ora non posso.
Gatto: Meglio che almeno io fugga a gambe levate.

domenica 1 febbraio 2009

La solitudine delle madri

Già durante la scrittura di questo libro mi rendevo conto che sarebbe stato possibile affrontare l’argomento in minima parte. Il motivo è semplice: è un tema così vasto e declinabile in tante e tali sfaccettature che ci vorrebbero numerosi libri giusto per abbozzarlo. E ovviamente mi riferisco all’argomento maternità comprensivo delle sue ombre. Per quanto riguarda le luci siamo già state tutte abbondantemente edotte. Così tanto che tutta quella luce a volte ci ha rese traballanti. Dopo l’uscita del libro, la generosità di tante donne che lo hanno commentato, i loro punti di vista, suggerimenti, impressioni, mi hanno fatto pensare che l’argomento non era per me esaurito dopo aver depositato su carta ciò che desideravo dire in merito, ma che anzi si stava ampliando come quei fili che intrecci e poi diventano trame e poi chissà che altro. Questo blog a lungo solo pensato nasce proprio da uno di quei suggerimenti, e mi piacerebbe che questo post diventasse il luogo in cui una donna e spero anche qualche uomo scriva ciò che desidera in merito. Alcune persone possono sentirsi inibite all’idea di lasciare un commento pubblico: c’è un indirizzo mail a disposizione per chi lo desidera. Mi piace immaginare che possa essere un luogo che cresce nel tempo attraverso i commenti, le storie, le critiche, i suggerimenti, di ognuno. Mi piace pensare che siano sempre più numerosi i luoghi in cui si può condividere, scrivere, dire che esser madri è bello, ma non solo. Questo è uno di quei luoghi.

venerdì 30 gennaio 2009

Si parte!

Ci penso da due anni. Rifletto, cambio idea, mi entusiasmo, dimentico, riprendo a pensarci. Ciò che mi ha sempre frenato è il timore di lasciarlo poi languire: sfilacciato, polveroso, poco curato. Dimenticato. Spesso il percorso è inverso: si parte da un blog per arrivare al libro. Io parto dal libro, per arrivare dove non lo so. Ma l’argomento è questo: la solitudine delle madri. Non sarà ogni giorno, ma una volta la settimana almeno sì. Sarà la frase di un altro libro, di un film, saranno immagini, parole mie e di altre persone che di questo argomento amano scrivere. Saranno segnalazioni di luoghi o iniziative in cui le donne si possono incontrare per avere un aiuto su questo tema. Ancora troppo sottovalutato. Quando non ignorato. Può darsi che strada facendo aggiunga altre cose, di altri temi. Può darsi. Come in un viaggio appena iniziato non ho idea se i luoghi e le persone che incontrerò mi piaceranno e se piacerò loro; né se visiterò proprio ciò che avevo in mente o farò deviazioni che non avevo previsto. Per scoprirlo, non mi resta che cominciare.