…. pensavo avviandomi verso la sala del carroccio in Campidoglio, dove la cooperativa Pandora ha organizzato il convegno “La solitudine delle madri e l’importanza della prevenzione”. All’interno del sito di Pandora troverete maggiori informazioni, io mi limito a sottolineare quanto mi ha colpito positivamente la loro capacità di portare avanti iniziative come quella della doula che, gratuitamente, due volte la settimana, segue la madre nei primi mesi dopo il parto. La cooperativa opera in collaborazione con le istituzioni e pur con tutte le inevitabili difficoltà date dalla cronica carenza di fondi, prosegue un progetto di sostegno alla maternità abbastanza inconsueto. Intanto perché è gratuito, poi perché è attento alla fase successiva la nascita del bambino. Di solito, tuttora, c’è più attenzione nei mesi precedenti il parto e non c’è ancora una piena consapevolezza di quanto le donne vacillino maggiormente dopo. Complici certo gli sbalzi ormonali, la stanchezza del sonno interrotto, della poca dimestichezza con un neonato, della carente tutela nel lavoro, ma ancora troppo per la convinzione che quando nasce un bambino la felicità dell’evento dovrebbe risolvere pari pari ogni titubanza. Va be’…
Il giorno successivo ero a Massa Lombarda, nello Spazio Donna di cui è coordinatrice Naima Nassamer, mediatrice sociosanitaria presso l’AUSL del distretto di Lugo. Non riuscirò con le mie parole a trasmettervi ciò che lei ha trasmesso a me con il suo racconto. Mi piacerebbe avere un video di ciò che ha detto e di come l’ha detto, perché il tempo del suo intervento vale come dieci libri sulla solitudine delle madri. Nello specifico la solitudine delle donne che stanno per partorire e non conoscono una parola della nostra lingua. Lei l’ha vissuto, lei lo sa. L’ha attraversato sulla sua pelle e questo fa la differenza nel suo raccontare di quando la chiamano e che sia giorno o che sia notte, non importa, lei parte e raggiunge l’ospedale per stare vicino a quella donna che in un momento così forte della sua vita non ha linguaggio, non ha parola. Donna che a volte ha già conosciuto in precedenza durante le visite di controllo, e di cui è spesso l’unico riferimento in un luogo in cui è immigrata da poco e nel quale vive parecchio chiusa in casa. Ascoltandola pensavo a quanta passione mette nel lenire la solitudine muta di quelle donne e quanto bene faccia a loro e a quella parte di lei che un tempo era altrettanto muta.
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Quella della doula è una figura di riferimento così importante, e quello che dici tu della doppia solitudine di chi è da poco in un paese mi ha colpito molto.
RispondiEliminaA noi l'assicurazione paga per una settimana la puericultrice che viene a casa a tenertela, insegnarti a curare il bambino, aiutare con l'allattamento, pulire, lavare, cucinare e portarti gli altri figli a scuola ecc. Gli costa meno di tenerti in ospedale se fal punto di vista medico ha solo controlli di routine.
Una mano santa, ma dopo la prima settimana ciccia, mentre secondo me è proprio tra il primo e il secondo mese che spesso si apre il baratro, le notti insonni si accumulano ecc.
@Mammamsterdam: in effetti, senza nulla togliere a quella settimana che è già una risorsa che tante non hanno, è dopo un po' di settimane che l'accumulo stanchezza e inadeguadezze comincia a produrre effetti. Per chi poi vive altrove dal luogo di nascita è tutto amplificato. Sapevo e immaginavo la difficoltà che poteva creare il non conoscere la lingua, ma ascoltare la testimonianza è stato davvero forte.
RispondiEliminaLeggere di questi grandi gesti di Amore mi commuove (e mi fa rabbia allo stesso modo!) tanto perchè immagino quanto sia amplificata la solitudine delle mamme straniere!
RispondiEliminaIo credo cmq che ognuna di noi, per quello che è possibile, dovrebbe essere vicina anche semplicemente con una telefonata, un sms o una visita (quando riesco a pianificare il tempo!) alle proprio amiche neo-mamme proprio perchè sappiamo quanta fatica e solitudine ci sta dietro l'esperienza più bella della propria esistenza come dare la Vita ad un'altra creatura!
Ed allora Auguri Grandi Donne!
Mi sono venuti i brividi a leggere ciò che fa Naima Nassamer e mi immagino la solitudine delle donne immigrate. Anch'io ho passato un periodo molto pesante i primi mesi,perchè qui non è prevista alcuna assistenza domiciliare post parto e le famiglie d'origine abitano lontane..E' bello sapere che ci sono donne che aiutano le neomamme,è importante!!! EleVi
RispondiEliminaMi vengono i brividi. E penso che voglio comprare il tuo libro. Perchè sono una donna giovane che ha vissuto e vive tanta solitudine.
RispondiEliminaCio che fai è bello. E' gratuito nel senso d'amore libero, bello, aperto. Grazie.
ho un aneddoto di quando ho fatto il corso di massaggio infantile aimi ... una delle formatrici narrava di un corso di sostegno alla maternità avviato (eoni fa, temo) che vedeva come protagoniste mamme migranti e psicologhe. che non riuscivano a parlare con queste madri, ad aiutarle e a sostenerle in un momento delicato. ma durante il momento del massaggio ai bimbi, quelle stessa mamme avevano cominciato a scoglierire le paure, condividerle, raccontarle.
RispondiEliminaa me piace immaginare come il contatto con le mani, l'olio tiepido, la pelle dei bimbi, un luogo raccolto ed accoglienete, la vicinanza delle altre donne, e l'emozione parlante del corpo abbiano davvero infranto quel muro che era la parola ...
salve a tutte, sono Elisabetta della coop.va Pandora responsabile del servizio delle doule di cui parla Marilde che,prima di tutto vorrei ringraziare per la partecipazione al nostro incontro del 4 marzo. Ho letto naturalmente il suo libro prima di conoscerla, e mentre leggevo mi sembrava di essere già sulla stessa onda anche senza esserci mai viste. Il giorno del convegno io non stavo bene e mi è dispiaciuto non poter presentare personalmente le doule e il loro lavoro, e avrei voluto anche ascoltare e scambiare pensieri con Marilde molto più a lungo. Speriamo ci possa essere un'altra occasione. un abbraccio.
RispondiEliminalascio il nostro sito per chiunque volesse saperne di più: www.pandoracoop.it
Elisabetta: grazie a te!
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